“150”, nei versi di Gabriele De Masi gli sbarchi della speranza
Pubblicato in data: 7/10/2014 alle ore:15:30 • Categoria: Cultura • Stampa ArticoloTrema la notte, quanto più preme
la tempesta in queste onde di deriva,
batte lo scafo l’increspatura, sale in gola
la paura che i flutti facciano tomba del guscio
dall’Africa alle coste d’Italia; sbarco
di speranza, dove la vita sorride al sole
e profumato, baciato è il pane.
Strade di mare. Il vento taglia i profili
con spruzzi di salsedine negli occhi
fissi oltre il canale a intravedere
luce di salvezza, la costa, l’approdo,
gl’ Italiani che fanno d’accoglienza
dono e di pietà pronti,perché così
fu lor dato il dono, il tozzo,
il sorso e il mantello a coprire
le spalle fredde nel cammino,
a saziare fame e sete nei santuari
di terra promessa e d’esultanza.
Siamo alla tivù, noi, a casa,
coi termocamini, riscaldati, non più
migranti (una volta!), in questi giorni
d’anniversario,nuovi sbarchi al notiziario,
non giubbe rosse,ardite, garibaldine
ma consunti abiti disperati.
150 ! e, 150 ancora! viva l’Italia!
S’intonino i cori, squillino le fanfare, al cielo
sale, nei borghi lontani, nella capitale,
l’inno agli altari di chi diede la vita alla Patria
confusa nel sapere di questi dal mare.
Non vogliono marciare,e non vogliamo,
né battaglioni dell’elmo di Scipio, o conquiste
di spada nelle vicine contrade
ma un attracco,ciglio di paglia,
sosta, riposo e un telo a riparo.
Ricca terra d’Europa, in Mediterraneo,
con l’Italia per ponte, tendi le braccia,
presta uno scoglio, sporgi un appiglio
a gente muta, non saluta né grida allo sbarco,
ma china procede con scorno
a un perdono, spersa per un segreto timore
d’ essere messa alla porta. Del mondo.
Gabriele De Masi